I chierici della rivoluzione e della reazione

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Descrizione

Se è difficile negare che gli intellettuali rivoluzionari e reazionari del nostro secolo (Marcuse, De Benoist, i Situazionisti, Evola, Guénon etc) abbiano numerosi elementi in comune – e fra questi il rifiuto del capitalismo, del liberalismo, della scienza e della tecnica (o il loro utilizzo ideologico) – è altrettanto difficile negare come la loro percezione della realtà risulti manichea, mistificante e volta a sovvertire culturalmente e politicamente.
“Nello scorrere le pagine di questo libro, vi accorgerete che Gagliano approfondisce alcuni autori – rivoluzionari o reazionari poco importa – che hanno elaborato un pensiero visceralmente anticapitalista, che ha trovato ospitalità e calorosa accoglienza in quei “templi della cultura” che sono gli atenei italiani. Quali le conseguenze? Proviamo a spiegarlo con un esempio: da qualche anno, siamo immersi nella crisi economica. Avrete avuto modo di ascoltare personaggi di vario genere – presentati come autorevoli, qualificati e finanche “intellettuali” da giornalisti di ogni tipo – spiegare che la recessione in cui siamo coinvolti è figlia del “neoliberismo” o del “turbo-capitalismo”. Benché i fatti dicano esattamente il contrario, non c’è possibilità alcuna di contraddire il mantra imperante di cui sopra, che se è tale non lo è per puro caso, ma proprio perché così deve essere, perché così è stato raccontato per anni in troppe sedi, perché così han scelto di comunicarlo i “professionisti dell’informazione”. Questa è, in fin dei conti, la regola della “menzogna universale”, quella da cui ci ha messo in guardia George Orwell, che ci ha spiegato, con il romanzo “1984”, come la perpetuazione del potere passi attraverso la ripetizione ab limitum di un modello, un archetipo che, quand’anche falso finisce per trasformarsi in verità largamente accettata, al punto che la “neolingua” contribuisce a forgiare quel “bispensiero” che accomuna ogni intellettuale organico. Orwell ci ha spiegato anche come gli ingegneri sociali abbiano sempre tentato di far credere che “l’ignoranza è la forza”. L’ignoranza non è certo la forza, ma come ha sostenuto il professor Lorenzo Infantino “l’intera tradizione liberale, fin dai suoi prodromi ateniesi, pone instancabilmente in evidenza la condizione di ignoranza e di fallibilità dell’essere umano. Dal che discende la necessità di limitare il potere, perché nessuno può essere considerato onnisciente”. Talché si desume che la capacità di ciascun individuo di riconoscere la propria non conoscenza (la socratica ignoranza) significa, per converso, desiderare di sapere, senza alcun vincolo che imponga di affidare quel sapere a chi si erge a monopolista della verità, bensì – all’opposto – a chi la verità la va ricercando in un libero confronto.” (dalla Prefazione di Leonardo Facco)

Informazioni aggiuntive

Anno

2015

Pagine

228