Descrizione
“… non è escluso che Dante abbia scelto il termine ‘Veltro’ – cane levriere – in base alla simiglianza fonetica di cane e Khan, titolo del grande capo dell’Impero mongolo. Come si è detto, a quel tempo un tale Impero talvolta si confondeva con quello del re Gianni, di Alessandro, di Ogiero e via dicendo, cioè, in genere, con oscure rappresentazioni del ‘Centro del Mondo’. Il Gran Khan dei Tartari, allora, non era ancora divenuto il terrore dell’Europa ma, secondo le descrizioni di un Marco Polo, di un Haithon, di un Mandeville, di un Johannes de Plano Carpini ecc., veniva appunto concepito come il potente imperatore di un misterioso, lontano e smisurato impero, come un saggio e felice monarca, amico dei Cristiani benché ‘pagano’. L’assimilazione verbale che da Khan conduce a Veltro, del resto, già appare nella versione tedesca di Mandeville (…) e lo stesso Boccaccio, pur respingendola, ebbe a far cenno ad una interpretazione del Veltro dantesco appunto in funzione del Gran Khan. Questa è appunto una delle tesi principali del Bassermann”.
(Julius Evola, Il Mistero del Graal, Edizioni Mediterranee, Roma 1997, pp. 77-78)