Origini indoeuropee

5.00

Disponibile

Descrizione

Quando le nuvole si caricano ed il tempo si fa incerto, quando il vento si alza forte e tutto il cielo sembra scuotersi, è allora che si cercano punti saldi, appigli che si sa non cederanno. Quando come oggi, si abbatte sulla nostra civiltà una tempesta di false idee, quando ombre si allungano ad oscurare i nostri valori, la necessità di percorsi certi si fa più urgente. Il nostro sguardo allora cerca come riferimenti alti alberi dalle radici profonde, quanto più resteremo legati ad essi, meno rischieremo di esser trascinati via in un turbinio di facili cedimenti, modernismi di pensiero, democratici perbenismi che nascondono solo mollezza di idee o più spesso del carattere che vuole viverle. Bene, nei due testi che seguiranno ritroviamo alcuni di questi riferimenti, forse tra i più importanti, tra i fondamentali. Riferimenti oggi scomodi, perché ci parlano di razze, di differenze, di elezione. Argomenti su cui spesso ci accorgeremo di aver sentito cantare il gallo, più di tre volte, sia per come li abbiamo presentati ad altri sia per come li abbiamo noi stessi accettati interiormente (tutti vittime dell’attuale dittatura oscurantista della parole, quando il termine “razzismo” è legato ignorantemente più al senso di diversa dignità dell’essere piuttosto che ad un naturale delineare differenze tra ciò che è differente, secondo il principio romano del unicuique suum). Sono però concetti cardine nel nostro inquadramento del mondo o meglio nel nostro “disvelamento” delle sue leggi ed equilibri. I profondi studi di Adriano Romualdi ci danno quì degli strumenti di prim’ordine nel capire un aspetto strutturale della storia, delle civiltà, delle organizzazioni civili: di come esse siano sempre state determinate e contemporaneamente messe in dinamica dalle specifiche peculiarità delle componenti razziali operanti. I brevi articoli proposti in queste pagine, ben lungi dal voler essere esaustivi del lavoro magistrale del Romualdi, sono comunque completi. Con ciò si vuole intendere che essi, oltre a ben sintetizzare utilissimi aspetti storici e antropologici, abbracciano aspetti valoriali, caratteriali e psicologici delle razze prese in esame. Ne propongono una categorizzazione per poi calarla sulle esigenze concrete di una struttura politico-sociale che volesse essere sana, “originale”, funzionale come quella appunto della spesso prospettata Europa-Nazione. A latere di questo rigore metodologico e limpidezza intellettuale con cui il Romualdi porta lo studio accademico a supporto del costrutto ideologico, ciò che emerge preponderante è la ricomposizione semplice e armonica che fa delle due note “componenti vettoriali” del razzismo, quella biologica e quella spirituale. Infatti a chiare lettere viene spiegato come qui si tratti non di rigido determinismo, bensì di come l’aspetto biologico (nell’ottica ovviamente di grandi numeri) sia legato alle specificità spirituali di una razza, in termini di predisposizioni, influenze, polarizzazioni, attitudini (anch’esse tra l’altro non stringenti intorno all’uomo singolo che dalle stesse può “emanciparsi”). Di esemplare coerenza ideologica e dottrinale il percorso dell’autore nel sostenere che, una razza nella quale si siano identificate le peculiarità fondanti la civiltà europea, debba poi essere presa quale richiamo ideale per determinare i valori su cui basare il progetto di organizzazione politica comune. Lungi con ciò dal voler indicare percorsi di “purificazione” razziale (oggi quanto mai irrealistici), rimane netta l’affermazione che là ove si esaurisca il sangue veicolo privilegiato di certe caratteristiche animiche e spirituali valide di esser prese a riferimento, si esaurirebbe contemporaneamente la “comunicabilità” nel tempo e nelle diverse aree geografiche di quel tipo di sentimento, di visione del mondo e della vita derivante da quelle caratteristiche spirituali. Si fa quindi imperativo il concetto di elezione a “norma” (nell’accezione classica: ciò cui conformarsi perché più prossima all’idea) di quella razza i cui valori maggiormente caratterizzanti vorremmo rimanessero a fondamento della nostra futura Europa, così come lo furono già della migliore Europa. E se il meglio va difeso, va prima ri-conosciuto. Il motivo di queste pagine sta proprio qui, ed è ancor più importante perché esse ci ricordano l’essenziale, valori ontologici, di cui non possiamo essere dimentichi. I due articoli di Adriano Romualdi che qui riproponiamo furono pubblicati nel 1970 sulla rivista «Ordine Nuovo». Il primo, con lo pseudonimo Ermanno Di Salza, il secondo, in forma anonima, quale continuazione del primo. A differenza degli altri studi sugli indoeuropei di Romualdi, questi articoli non sono mai stati riproposti sino ad oggi. Colmando questo vuoto intendiamo così rendere ancora una volta omaggio a questo grande intellettuale-militante prematuramente scomparso.

Informazioni aggiuntive

Autore

Pagine

34

Wishlist 0
Continue Shopping
×